Le recenti notizie di cronaca e il clamore mediatico della vicenda Ferragni-Balocco mi impone, per la professione che svolgo e per un dovere morale legato anche alla mia responsabilità di comunicatrice, di spendere alcune parole sulla vicenda. E attenzione, il mio non vuole essere un attacco personale alla Ferragni, anzi, ci tengo ad esprimere la mia solidarietà a Chiara per le accuse che ha ricevuto e per i commenti malevoli che hanno interessato anche la sua famiglia. Ma questa, d’altro canto, è l’altra faccia dei social network, quella che non perdona, quella che non riesce a porsi limiti, quella che dovremmo educare. Il mio scopo è quello di mettere sul piatto una riflessione più profonda partendo proprio da questa vicenda.

Ritengo superfluo soffermarmi sulla cronaca, quindi mi limito a ricordare le tappe salienti di questa storia: in seguito ai primi accertamenti dell’Antitrust e alla sanzione da un milione di euro per pubblicità ingannevole, Chiara Ferragni è stata indagata per truffa aggravata. Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti c’è la campagna promozionale con la quale, nel 2022, è stato pubblicizzato il Pink Christmas, il pandoro nato dalla collaborazione tra Chiara Ferragni e Balocco. La campagna promozionale suggeriva o almeno lasciava intendere che parte del ricavato dalla vendita di questo pandoro sarebbe stato devoluto in beneficenza per la ricerca sull’osteosarcoma e sarcoma di Ewing. In realtà, come emerso dagli accertamenti, la somma da destinare all’attività di beneficenza era stata già stanziata e non era quindi direttamente proporzionale al numero di pandori venduti. Al raggiungimento della cifra stabilita, l’incassato è stato diviso come da accordi tra Chiara Ferragni e Balocco.

Credendo, e non avremmo motivi per non farlo, alla buona fede dell’influencer e non volendo entrare nel merito della cronaca, ritenendo che le indagini debbano fare il proprio corso e che la sede dei processi e delle sentenze siano i tribunali, non ci sono dubbi sul fatto che la vicenda in questione abbia segnato la fine di un’epoca, quella degli influencer, che da un giorno all’altro si sono ritrovati a dover fare i conti con la responsabilità delle loro azioni, delle loro parole e di quello che comunicano. Comunicare è una responsabilità ed è un mestiere tutt’altro che semplice e sicuramente non è adatto a tutti. Chiara Ferragni è un’imprenditrice di grande spicco e talento e a suo modo rappresenta un’eccellenza dell’imprenditoria italiana. Dal nulla ha costruito un impero e merita rispetto e ammirazione. A volte ha però perso di vista il sottile ma sostanziale confine tra influencer e blogger, ad esempio, o influencer e giornalista.

A prescindere dall’esito delle indagini, il caso Balocco ha fatto crollare il castello di carte di Chiara Ferragni e, a cascata, ha colpito duramente il mondo degli influencer. Ma la fine di questa epoca deve essere vista come un nuovo inizio. La stretta sugli influencer e il crollo dell’immagine di Chiara Ferragni porterà i soggetti meno strutturati e competenti ad uscire dal mondo del web mentre i veri professionisti della comunicazione prenderanno lo spazio che meritano. La sensazione è che sia finita l’epoca in cui bastava avere una videocamera per diventare famosi. Ora tutti si suono di nuovo resi conto che per svolgere determinate professioni e per parlare al grande pubblico serve una conoscenza del codice deontologico, serve conoscenza della materia, bisogna avere qualcosa da dire, bisogna avere le adeguate capacità e competenze e bisogna avere anche il coraggio di dire quello che si dice.

Il grande terremoto che sta investendo il mondo dei social porterà quindi ad una nuova rivoluzione decisamente più professionalizzante anche alla luce delle nuove regolamentazioni che sono state istituite a seguito di questa vicenda, lasciando sul campo chi opera come professionista e tagliando fuori tanti influencer che non hanno arte né parte. Questa è la mia convinzione e la speranza di molti.